Progetti

22 Marzo 2021

Terra di Mezzo

Terradimezzo: una scultura come strumento di integrazione sociale.

L’installazione dal titolo Terradimezzo, realizzata nell’ambito del progetto scolastico “Il veliero parlante”, Artisti a bordo, sintetizza plasticamente gli obiettivi e le finalità della didattica artistica. L’iniziativa, finanziata grazie ai fondi messi a disposizione dal “Piano triennale delle Arti”, così come previsto dal Decreto legislativo 13 aprile  2017, n. 60 relativo ai “temi della creatività”, pone come finalità «la possibilità di accesso alla cultura umanistica e al sapere artistico, a sostenere la conoscenza storico-artistica del patrimonio culturale e l’esperienza diretta delle sue espressioni, anche attraverso le collaborazioni delle istituzioni preposte alla sua tutela, gestione e valorizzazione» (art. 4).

Terradimezzo, opera ambientale, progettata e realizzata da quattro artisti/docenti, Andrea Buttazzo, Placido Calì, Marco Mariano e Andrea Maroccia, supportati da 21 alunni della classe III, sez. A, indirizzo di “Grafica” e “arti figurative”, del Liceo Artistico “E. Vanoni” di Nardò, ha reificato le diverse fasi di ricerca/azione previste dal citato Decreto, legate essenzialmente alla metodologia di didattica laboratoriale, nel settore espressivo delle arti visive contemporanee. Un’opera corale, inserita in un progetto più ampio di una rete scolastica composta da quasi cinquanta istituti di primo e secondo grado della provincia, scuola capofila l’istituto comprensivo “Falcone” di Copertino, che si innerva virtuosamente nel sistema educativo e formativo del territorio. 

Composta da 150 mattoni di pietra locale (denominata appunto “leccese”), e altri materiali eterocliti (cemento, ferro), la scultura riproduce  il bacino del mar Mediterraneo e, in negativo, come emerge soprattutto da  una visione aerea di essa, il profilo delle nazioni che sul mare si affacciano. In corrispondenza dei quattro punti cardinali sono collocati i sedili realizzati dagli artisti, rispettivamente: Nord (Calì), Sud (Buttazzo), Est (Maroccia), Ovest (Mariano). Elementi, questi ultimi, che allargano i confini dell’opera, espandendola, con l’obiettivo di offrire al fruitore una visione differente, più stabile, quasi un approdo, rispetto a quella deambulante e aleatoria del mare.  Proprio in queste sculture emerge la poetica figurativa dei singoli artisti, che affrontano l’oggetto secondo la personale cifra stilistica. L’opera, concepita per dialogare con l’ambiente circostante e con il pubblico, entra nel vivo delle attuali problematiche legate al tema dell’immigrazione  e dell’accoglienza dell’altro. 

Il Nord di Calì, artista siciliano, propone una delicata linea d’orizzonte, interrotta da due elementi verticali simili a due onde che si respingono e, nello steso tempo, alle volute di un capitello ionico, probabilmente un richiamo al passato classico della Sicilia. Un riferimento ai luoghi reso palese dagli elementi in ferro dorato, con l’immagine della Trinacria, il famoso simbolo dell’isola, innestati nelle volute/schienali del sedile. Elementi cromatici che risplendono col sole, possibili riferimenti ottici per chi agogna la terraferma.

Buttazzo propone un Sud composto da nove elementi: tre libri, tre pacchi, e tre dadi. Oggetti che sembrano sparsi casualmente sul terreno, piovuti dall’alto da una realtà metafisica per indicare una possibile soluzione alla complessità delle problematiche attuali. La postazione, che non consente una facile seduta, lascia aperto l’enigma insito nel viaggio, nel quale l’arrivo costituisce sempre un’incognita. L’aleatorietà dell’avventura, e del pathos ad essa connesso, si risolverà solo sciogliendo un vero e proprio rebus proposto dall’artista; una intelligente metafora del viaggio della vita che ognuno di noi si appresta a fare dal momento del concepimento. L’opera ci avverte che siamo tutti viaggiatori e che le sorti del percorso sono spesso dettate da un mano invisibile, che sfugge alla nostra volontà, spronandoci a vivere l’hic et nunc con chi ci sta accanto. Una sorte sconosciuta, ma che per alcuni aspetti l’uomo può decifrare e percorrere attraverso la strada tracciata dalla conoscenza, in quanto, avverte l’artista, «cultura regala sorte».

 Ad Est troviamo l’opera di Maroccia: un sedile che riproduce i movimenti repentini e incontrollabili della superficie del mare. Elementi piani si alternano ad elementi concavi e convessi, come se le pietre fossero percorse da una corrente sottostante che ne agita la materia, rendendola dinamica e viva. La composizione mistilinea si dipana seguendo un ritmo frastagliato, accentuato dalla presenza dei colori azzurro e giallo, evidente riferimento al cromatismo mediterraneo del cielo e del sole, che intridono il  mare e la terra. L’artista restituisce quel senso di calma apparente insito in chi vede apparire l’agognata meta, nella speranza che non sia solo un miraggio e trasformarsi in un ulteriore senso di smarrimento.

L’Ovest di Mariano è costituito da tre imponenti sedili, costruiti in calcestruzzo armato e pietra leccese. La bicromia dei due materiale, grigio e bianco, accentuano il rigore e l’euritmia delle sculture, e riporta alla bellezza essenziale e geometrica delle architetture rinascimentali toscane. Le opere sembrano costituire un punto fermo, forse un porto sicuro, nella instabilità che domina il mare, sempre in preda alla forza degli elementi. Un luogo in cui il viaggiatore mediterraneo, novello Ulisse, può trovare ristoro dalle fatiche della traversata. La tetragonia delle sculture rappresenta simbolicamente l’indifferenza e l’inerzia dell’Occidente (la zona ricca del pianeta) nei confronti dei più deboli, coloro che cercano di entrare e per i quali esso rappresenta la meta da raggiungere. Ma è una solidità apparente, come testimoniano le tracce incise nella pietra,  segni che ne intaccano la compattezza, rendendola permeabile alle forze esterne. Elementi che tracciano una fitta  rete di connessioni e relazioni globali, come possono essere i fenomeni migratori, che nessuna barriera fisica o mentale) potrà contenere. 

Come accade solitamente con l’arte contemporanea (come dimostrato da Picasso con Guernica, 1937), dal significato particolare si passa a quello universale, comprendendo in questo sviluppo problematiche globali. In tal senso, l’intervento ricostruisce un’idea di Mediterraneo, da sempre crocevia di culture e scambi, nella sua dimensione più inclusiva, descrivendo un luogo in cui tutto è in rete e connesso, persino il dolore e il lutto. In quest’ottica l’installazione dà vita ad un Mediterraneo, per dirla con Predrag  Matvejević, che non è «solo geografia. I suoi confini  non sono definiti né nello spazio né nel tempo». 

Terradimezzo ha come finalità proprio questo: riportare, attraverso i mezzi espressivi propri della scultura, alla concretezza dell’oggetto e delle necessità dell’Uomo, all’interno di un sistema di relazioni che ha come fulcro i principi universali dell’uguaglianza, della solidarietà e della bellezza, che poi sono gli stessi del fare artistico.

Lecce, 10 giugno 2019                                                                                                       Massimiliano Cesari

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